Palestre di roccia in Italia tra passato e futuro

In Italia, lo sviluppo delle palestre di roccia attrezzate per la pratica dell’arrampicata sportiva è un fenomeno abbastanza recente. La nascita dei primi siti appositamente dedicati a questa attività risale agli inizi degli anni 80 quando, prendendo esempio dalla vicina Francia, alcuni alpinisti hanno cominciato sistematicamente ad attrezzare dall’alto, con degli spit, alcune pareti di fondovalle.

Con la diffusione dell’arrampicata sportiva molte palestre di roccia non venivano più considerate come dei semplici luoghi di allenamento, per ottimizzare la propria forma in vista delle impegnative scalate alpine, ma come un vero e proprio nuovo terreno d’avventura per sviluppare un nuovo gioco fine a se stesso, quello dell’arrampicata sportiva.

Le principali palestre di roccia simbolo della prima ora in Italia

  • Finale in Liguria. I vari settori di Finale si caratterizzano per la presenza di un ottimo calcare a buchi dalle caratteristiche proprie, la Pietra di Finale. A Finale è possibile arrampicare tutto l’anno. Flaviano Bessone, Govannino Massari, Alessandro Grillo e Andrea Gallo furono i principali fautori dello sviluppo dell’arrampicata nel finalese.
  • Andonno in Piemonte.  Il piccolo paese di Andonno, che dà il nome alla falesia, si trova nelle immediate vicinanze di Cuneo all’inizio della Val Gesso. Giovannino Massari è stato il principale artefice dello sviluppo di questa falesia.
  • Cornalba in Lombardia. La falesia principale, la Corna Bianca è costituita da muri di dolomia molto compatta dove prevale un arrampicata molto tecnica. La falesia è stata  per più di un decennio la patria del compianto Camòs (Bruno Tassi) che qui attrezzò e liberò la maggior parte delle vie.
  • Arco in Trentino. Le numerose falesie calcaree della zona di Arco attirano ogni anno migliaia di visitatori, non solo italiani. Qui è nato nel 1990 il primo Parco d’arrampicata in Italia e ancora qui si svolge, ogni settembre, il Rock Master, una delle gare di arrampicata più famose nel mondo. Sono stati  famosi arrampicatori- alpinisti del calibro di Roberto Bassi, Heinz Mariacher, Luisa Iovane e Manolo che hanno aperto le danze sulle placche di Arco ancora agli inizi degli anni 80. Di certo anche loro non potevano prevedere uno sviluppo del genere
  • Erto in Friuli. Alla falesia della Molisea , situata proprio nelle vicinanze della tristemente famosa diga del Vaiont, è possibile arrampicare anche quando piove. I grandi strapiombi che la caratterizzano sono stati valorizzati a partire dagli inizi degli anni 80 dal famoso scrittore e scultore Mauro Corona e da  un manipolo di fortissimi arrampicatori locali come Sandro Neri e Maurizio dall’Omo.

In questi e altri mitici luoghi, alcuni personaggi carismatici del calibro di Andrea Gallo, Bruno Tassi, Roberto Bassi, Heinz Mariacher, Piero Dal Prà, Manolo e Mauro Corona hanno, insieme ad altri, contribuito con il loro spessore tecnico e la loro leadership alla diffusione dell’arrampicata sportiva in Italia.

A quel tempo arrampicare non era solo la capacità di salire vie difficili; la scioltezza, la grazia e la capacità di tenere i nervi saldi, anche quando l’ultimo spit si trovava parecchio sotto il sedere, erano considerate qualità altrettanto importanti.

Anche le falesie sembravano avere un “anima” e rispecchiavano questa visione un po’ romantica e avventurosa dell’arrampicata.

palestre di rocciaA prescindere dal grado di difficoltà raggiunto, per provare certe vie vicine al proprio limite si doveva essere in uno stato di grazia sia fisico che mentale, perchè lo spit non era sempre lì pronto all’altezza dell’ombelico. A volte bisognava anche un po’ osare e se si riusciva a chiudere il tiro o anche solo ad arrivare a mettere la corda in catena la soddisfazione era grande. Se si era in giornata no, si arrampicava lo stesso ma si faceva qualcosa di più facile. Alcune vie presentavano, in effetti, una parsimonia di protezioni fisse da risultare realmente pericolose. Oggi, a 30 anni di distanza, l’arrampicata sportiva è volata decisamente in alto, sia dal punto di vista del limite di difficoltà raggiunto, allora impensabile, sia dal punto di vista del numero di praticanti. Fortunatamente, molte palestre di roccia che allora risultavano troppo pericolose sono state rese giustamente più sicure; molte altre sono state poi attrezzate rispettando i canoni di una maggiore sicurezza. Questo è un bene e non posso negarlo altrimenti, visto il considerevole aumento degli arrampicatori, ci sarebbe sempre la fila negli ospedali presso il reparto ortopedia.

Le palestre di roccia sono un patrimonio naturale e storico per ogni arrampicatore ed è giusto che vengano rispettate e salvaguardate, come il proprio giardino di casa. Tuttavia ahimè, negli ultimi anni, sto assistendo ad uno scadimento di questo patrimonio per il proliferare di comportamenti a mio avviso a dir poco sbagliati.

 Cose che è meglio non fare nelle palestre di roccia:

  • scavare prese al fine di rendere la parete naturale del tutto simile al pannello di casa.
  • segnare sistematicamente gli appigli delle vie con evidenti segni di magnesio o cerotti, in modo da salirle più agevolmente senza dover un minimo pensare a dove andare e a come muoversi
  • lasciare rinvii fissi penzolanti ovunque, anche dove proprio non servono
  • attrezzare le vie con spit ad ogni metro, al fine di renderle simili ad una ferrata, eliminando quel minimo di ingaggio che secondo me, sempre nel rispetto dei canoni di sicurezza, deve fare parte del gioco

Ragazzi, mi raccomando, continuiamo pure a spellarci le dita sulle nostre amate rocce rispettando però le falesie che sono, da sempre, il nostro giocattolo principale. Non vorrei che in un futuro prossimo più di qualcuno smettesse di arrampicare trovando questo sport troppo preconfezionato e poco creativo. Fare gradi più alti addomesticando a proprio piacimento le vie non è l’unico modo per trarre soddisfazione da questa meravigliosa attività.