Un’esperienza di lavoro al Rifugio Pian de Fontana

Al rifugio Pian de Fontana, nelle Dolomiti Bellunesi,  sono particolarmente affezionato non solo per la bellezza del posto ma anche perché qui ho lavorato per diversi week end come aiuto gestore nelle stagioni estive 1999 e 2000.

Il  Rifugio Pian de Fontana è adagiato a 1632 metri su un grande prato verde alle pendici meridionali delle Cime dei Bachèt.Esso funge da prezioso punto di appoggio per chi percorre l’Alta Via n°1, proprio nel tratto più selvaggio e meno frequentato, quello all’interno del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi.

Dalla terrazza in legno del Pian de Fontana è possibile ammirare lo spettacolo dello Schiara che fa capolino da dietro le ripide Cime della Scala e che si accende di rosa al tramonto e seguire i branchi di camosci che corrono lungo le ripide balze erbose poco a destra di Forcella La Varetta

Quando trovai quel lavoro era il 1999 e come studente universitario fuori corso stavo da qualche mese cercando un lavoretto per racimolare qualche soldo. Volevo sì lavorare ma possibilmente in montagna e in un bel posto! Per riuscire a concretizzare quella che era solo un’intenzione ricordo che scrissi un foglietto con una piccola lista di rifugi dove andare a bussare la porta. Fu così che in un giorno piovoso di fine maggio decisi di fare un giretto al rifugio Pian de Fontana. Lì conobbi Marco, il gestore di allora, che era salito per fare alcuni lavori in vista dell’imminente apertura stagionale. Non c’era nessuno, eravamo solo noi due, ci scambiammo qualche parola poi lui mi invitò a rimanere per mangiare una pasta in compagnia. Prima di andarmene gli domandai se per caso stesse cercando qualcuno per la stagione, lui mi disse che c’era già un ragazzo in lista ma che se volevo potevo farmi i week end di giugno e luglio e  tre settimane in agosto. Accettai senza riserve. Il week end  dopo ero già al lavoro e devo dire che all’inizio non fu per niente facile…

Rifugio Pian de FontanaRicordo ancora quel primo sabato sera; ci fu una vera e propria invasione di gente con più di 40 pernottamenti, c’erano persone che dormivano dappertutto addirittura sotto i tavoli, il rifugio era veramente pieno come dopo non lo avrei mai più visto. Eravamo solo in due, senza lavastoviglie, a  gestire il tutto  senza contare che io ero alla mia prima esperienza nello spinare birre, prendere le ordinazioni ai tavoli, portare i piatti, lavarli, preparare i caffè ecc… Non so ancora come, ma in qualche modo riuscimmo a sopravvivere a quell’onda d’urto. Fu veramente incredibile la sensazione di pace che provai quando la domenica sera anche l’ultimo escursionista se ne andò. A dire la verità quella sera mi passò per un attimo l’idea di lasciar perdere questo lavoro ma per fortuna non lo feci.

Marco, il gestore, era proprio una brava persona, una di quelle persone che parlano poco ma che ti sanno comunicare le cose essenziali, quelle veramente importanti per affrontare al meglio le emergenze. Nei week end successivi le cose andarono decisamente meglio. Mi sentivo un privilegiato a lavorare in un posto come quello dove al mattino appena sveglio, affacciandomi alla finestra della cucina,  potevo scorgere  i branchi di camosci che correvano fuori nei prati. Non mancavano di certo i momenti ludici, soprattutto legati alle numerose visite da parte di alcuni pittoreschi personaggi delle valli vicine che con le loro storie e i loro racconti, spesso falsati da qualche bicchiere di troppo, allietavano i nostri dopo cena fino a tarda ora. Quando il tempo faceva le bizze capitava che non saliva proprio nessuno e le giornate passavano lente senza grandi incombenze. In quelle sere io preparavo la pizza e Marco, illuminato dalla sola luce della lampada a gas, si dilettava a cantare e a suonare con la sua chitarra canzoni in dialetto bellunese. Non finirò mai di ringraziare Marco di avermi concesso la possibilità di lavorare in un posto così unico dove ogni giorno non era mai uguale al precedente.

A volte, mentre salivo per l’ennesima volta lungo il sentiero che dalla Val de i Ross passando per la vecchia casera dei Ronch porta dopo 900 metri di dislivello al rifugio Pian de Fontana, mi capitava di pensare: “che strano, normalmente uno che va a lavorare cerca di  parcheggiare la macchina il più vicino possibile al luogo di lavoro, poi fa due passi a piedi ed è bel che arrivato. Nel mio caso non funziona così  prima mi faccio una bella camminata di un paio d’ore poi, al posto di pensare a dove parcheggiare l’auto, mi faccio una bella doccia prima di iniziare a lavorare”. Semplice no!!!

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Foto Gallery Rifugio Pian de Fontana

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